18 feb 2022

I CIBI PIU' STRANI CHE ABBIAMO MANGIATO

 SURSTRÖMMING: aringa fermentata

Durante un viaggio lungo la costa del Mar Baltico, all’altezza di Höga Kusten (la Costa Alta) ci siamo imbattuti in un’antica specialità svedese: il surströmming.

Si tratta di piccole aringhe lasciate a fermentare in barile per un paio di mesi e poi chiuse in scatola, dove il processo di fermentazione prosegue fino a gonfiare e deformare la lattina. A questo punto il pesce è pronto per la degustazione.

Una volta rientrati in Italia abbiamo invitato gli amici per un assaggio della prelibatezza. Ci siamo sistemati in giardino, seguendo i consigli del venditore che ci aveva raccomandato di aprire la lattina all’aperto. Suggerimento preziosissimo, perché all’apertura del coperchio si è sprigionata una puzza difficile da descrivere: un misto di rancido, di acido fenico e di  uova marce. Quasi tutti si sono allontanati col voltastomaco, compreso i nostri cani, e solo pochi di noi hanno provato ad assaggiare il contenuto, che in verità si è rivelato meno infame dell’odore.

Secondo me il surströmming vince la medaglia d’oro tra i cibi più disgustosi del pianeta


 HAKARL: squalo putrefatto

La medaglia d’argento l’assegnerei all’hakarl, una specialità islandese. Adesso è una “chicca” riservata ai turisti coraggiosi, ma un tempo rappresentava una risorsa alimentare per gli allora poverissimi isolani. Quando nelle reti rimaneva impigliato uno squalo della Groenlandia, (immangiabile a causa delle sue carni impregnate di urea) anziché ributtarlo in mare i pescatori lo mettevano in una buca ricoperta di ghiaia e lì lo lasciavano per alcuni mesi a fermentare. Dopodiché lo riesumavano, lo facevano a pezzetti e se ne cibavano.

Noi l’abbiamo assaggiato per la prima volta negli anni ’80 in un ristorante tipico non lontano da Reykjavik. Ci è stato servito come antipasto, in piccoli pezzi, diciamo come i cubetti di pancetta.  L’odore era neutro, ma appena messi in bocca…. un orribile sapore di ammoniaca ci ha inondato le papille.  Il desiderio di sputare è stato immediato, ma per fortuna il piattino era stato servito assieme a bicchieri di brennevin (la grappa islandese), che hanno attutito l’impatto, permettendoci di ingoiare il bocconcino come una pillola.


 INVOLTINO EQUATORIALE

Da un paio di giorni, viaggiando nella foresta equatoriale del sud Cameroun, sentivamo un odore disgustoso nell’aria: esattamente un odore di latrina, e abbiamo scoperto che proveniva da alcune piante che fiancheggiavano la pista. Tra di noi, scherzando, le chiamavano “le piante della cacca”. Una sera, non trovando spazio nella foresta per il nostro campo, abbiamo chiesto ospitalità ad un piccolo villaggio, i cui abitanti  si sono dimostrati molto ospitali, tanto da offrirci del cibo.  Hanno preso un impasto di manioca, l’hanno messo in larghe foglie e l’hanno stufato, proprio come facciamo noi con gli involtini di maiale con le verze.  Al momento di servircele, però, il nostro naso ha capito che le foglie utilizzate erano quelle del famigerato albero della cacca. E’ stata veramente dura, soprattutto per Giovanni, perché, mentre noi donne dopo un primo assaggio abbiamo accampato problemi di inappetenza, lui ha dovuto mangiarselo tutto e far mostra di gradire, per non offendere i nativi.

Non abbiamo mai scoperto di quale pianta si trattasse, ma certamente l’involtino merita la medaglia di bronzo del disgusto.



PITONE ARROSTO

Nei mercati all’aperto dell’Africa Occidentale non è raro vedere, accanto al pesce essiccato e alle montagne di piccole banane verdi, degli strani tranci di carne bianca. Eravamo in Biafra quando abbiamo chiesto per la prima volta di cosa si trattasse e ci è stato risposto che era carne di pitone. Superato un primo momento di repulsione, abbiamo deciso di assaggiarla e ce la siamo fatta cucinare alla griglia. E’ davvero buona, delicata, piuttosto dolce, direi a metà tra la carne di pollo e quella di coniglio. Per la verità non c’è molto da mangiare da un serpente, neppure se è un pitone di grossa taglia. Dunque lasciamoli stare, che non risolvono certo il problema della fame.


  LA BALENA

Al giorno d’oggi non vorrei certo mangiare carne di balena, ma devo testimoniare che mezzo secolo fa (mamma mia come sono vecchia), quando abbiamo cominciato a frequentare il grande Nord, la carne di balena si vendeva tranquillamente sulle bancarelle dei mercati del pesce della Norvegia. Per non parlare dell’Islanda, dove era presente in tutti i negozi di alimentari (accanto alle teste di pecora affumicate!), sia fresca che surgelata.

Perciò l’ho mangiata parecchie volte e sempre sotto forma di grossa bistecca.  La carne è magrissima, eppure molto tenera, dolce al palato e di colore rosso scuro, quasi come il fegato, di cui ha anche un vago sapore.

Le balene hanno rappresentato una fonte di reddito primario per le genti dell’estremo nord, sia per l’olio e le stecche, che venivano vendute in tutto il mondo, sia per la grande quantità di carne che se ne ricavava, capace di sfamare interi villaggi.

Oggi che i popoli nordici hanno raggiunto uno straordinario grado di benessere, non c’è più bisogno di uccidere balene e recentemente questa caccia è stata bandita anche in Norvegia e in Islanda. 


I PUFFIN

Tempo fa abbiamo visitato l’isola di Heimaey (a sud dell’Islanda), famosa per l’attività vulcanica, ma soprattutto per la presenza della maggior colonia di puffin, che noi chiamiamo “pulcinella di mare”, al mondo. Si parla addirittura di un milione di esemplari che vengono a nidificare in questa zona.

Gli isolani ne sono orgogliosi e curano amorevolmente la colonia, tanto che i bambini s’incaricano di raccogliere e riportare in mare i pulcini che per errore finiscono tra le case del villaggio.

Perciò mi è sembrato un po’ contradditorio di trovare i puffin nel menu dei ristoranti locali.  Ma tant’è, questo è un piatto tradizionale e dunque l’abbiamo assaggiato.  Niente di che: è un piccioncino dalle carni scure e tenaci. Esperienza che non val la pena di ripetere.


 IL BRODO DI TARTARUGA

Chissà perché, negli anni ’70 nei ristoranti “chic” europei era di moda proporre il “brodo di tartaruga”, sicuramente un piatto di derivazione orientale.  A noi è capitato di assaggiarlo in un ristorante di Hannover.

Già all’apparenza il piatto non si presentava entusiasmante, con quel colore marrone opaco nel quale galleggiavano alcuni pezzetti di carne, ma il sapore era anche peggio, perché sembrava di sorbire la colla da falegname. Bocciato.  Adesso il brodo di tartaruga è vietato, ma non credo che qualcuno ne senta la mancanza.



 

 

20 dic 2021

LA GROENLANDIA ORIENTALE, agli inizi degli anni '90

 Siamo partiti da Reykjavik con un piccolo aereo ad elica diretto all'isola di Kulusuk. Il volo è breve e dopo un'oretta avvistiamo un dedalo inestricabile di acqua, montagne e ghiaccio: è la costa Orientale della Groenlandia. 

Atterriamo su una pista di sabbia scura e lì ad attenderci c'è un elicottero che ci trasporterà dall'altra parte della baia. L'elicottero sale a candela per superare una cresta di rocce nere, dopo la quale si apre alla nostra vista un ampio fiordo punteggiato di piccoli icebergs. Il paesaggio è tutto grigio-azzurro, ma avvicinandoci alla terraferma spicca una macchia di colori vivaci: è Ammassalik, un grumo di casette di legno costruite su palafitte, con una sola strada asfaltata lunga non più di un km.

in elicottero da Kulusuk a Ammassalik

belle vedute del villaggio di Ammassalik



Vediamo un paio di pick-up che fanno avanti e indietro. Ci sono poche persone fuori dalle case, ma in compenso avvistiamo moltissimi cani da slitta, alcuni liberi ma per la maggior parte legati con lunghe catene ad un palo di legno: corrono in tondo, creando un solco circolare nel terreno. Siamo alla fine di agosto, la nuova neve non è ancora arrivata e le slitte non possono essere usate.
uno dei pochi cani liberi che abbiamo visto

Ammassalik (ora chiamato Tasiilaq) è il capoluogo amministrativo dell'Est e conta circa un migliaio di abitanti. Le case del villaggio sono ben tenute e quasi tutte dipinte di rosso scuro. Purtroppo intorno ad esse notiamo parecchi rifiuti abbandonati: cartoni, lattine, qualche rottame. Questo non succedeva certo nel secolo scorso, quando i rifiuti degli inuit erano unicamente ossa e pelli, perciò velocemente degradabili.

abbandoni

un'abitante del villaggio e i suoi cani
 
pelli di foca, un tempo fonte primaria di cibo e vestiario per gli Inuit
Ad Ammassalik c’è un albergo per turisti, nel quale ci rechiamo. Nuovo, confortevole, con le camere rivestite in legno chiaro. Accendiamo la televisione che trasmette telenovelas brasiliane e giochi a quiz americani, mentre fuori dalla finestra i cani da slitta non cessano di ululare, sognando di correre sulle distese innevate. Provo una sensazione di straniamento, come non sapessi più dove sono. Adesso mi è più facile comprendere lo shock culturale che questa gente ha dovuto subire, catapultata nell’arco di una generazione da un millenario stile di vita alla “civiltà” occidentale. 

La gente del villaggio è quasi tutta inattiva, poiché le occupazioni tradizionali di caccia e pesca sono ora in gran parte proibite: agli inuit non resta che sopravvivere con i sussidi danesi, che vengono spesso investiti in casse di birra da consumare direttamente fuori dal supermercato.  Lo sradicamento culturale ha prodotto il più elevato tasso di alcoolismo e di suicidi al mondo, purtroppo.

un anziano del villaggio, felice di pescare

il porto di Ammassalik

 Fortunate sono le poche persone impiegate nelle attività di turismo, che possono illustrare ai rari visitatori le loro abilità nella pesca e nell’uso dei kajak e, anche, nell’uso di moderni motoscafi. Ne ingaggiamo uno (intendo un giovane del luogo che possiede un motoscafo) perché ci porti ad esplorare il fiordo di Ikateq.

si parte per l'escursione al fiordo di Ikateq

E’ un’escursione di mezza giornata in un’insenatura tra due file di montagne scure e minacciose.  In questo luogo così remoto avvistiamo i resti di una base militare statunitense: durante la seconda guerra mondiale la Groenlandia Orientale è stata scelta dagli americani come base intermedia tra gli Usa e l’Europa. Come sempre succede, alla fine delle ostilità gli americani sono tornati a casa lasciando sul campo un’enorme quantità di equipaggiamenti: camminiamo tra carcasse di camion arrugginiti, armamenti, bidoni e masserizie varie.



Raggiungiamo in motoscafo il fondo del fiordo, dove un immenso ghiacciaio produce grandi quantità di icebergs dalle forme più strane.






La parte più emozionante dell'escursione del fiordo è avvenuta sulla via del ritorno, quando un rumoroso soffio ci ha fatto voltare la testa: un grosso cetaceo stava sfiorando il fianco del motoscafo.  Avrei potuto toccarlo con la mano !



11 ott 2021

VIAGGIO INVERNALE IN FINLANDIA E SVEZIA

Una scorribanda tra neve e ghiaccio....prima che il riscaldamento globale ci tolga il giocattolo

noi
Domenica 26 Febbraio/Martedì 28 Febbraio 2017 - Milano-Helsinki - km 1.260
Per raggiungere le nostre mete nordiche attraversiamo Svizzera e Germania fino a Travemunde, dove ci imbarchiamo su un traghetto della Finnlines che in 29 ore attraversa il Baltico e approda a Helsinki.

18 mar 2020

TERIBERKA

VIAGGIO NELLA KARELIA RUSSA E PENISOLA DI KOLA
Lo scopo del viaggio
La Karelia russa rimane tuttora una grande distesa selvaggia, le cui vie di comunicazione sono spesso costituite da piste forestali e sentieri stagionali.  Ed è proprio attraverso queste effimere vie che il "Gruppo Sextant" ha raggiunto le città dell’estremo nord rivierasche del Mar Bianco e del Mare di Barents, dove sono alla fonda le flotte rompighiaccio e i sommergibili a propulsione nucleare.

28 set 2019

I TEBU

“Dal mare di sabbia gialla del deserto del Ténéré s’innalzano i resti di un antico vulcano. Picchi neri di basalto, massi caotici, dirupi e anfratti: è’ il massiccio di Termit.
Congratulazioni: obiettivo raggiunto

11 set 2019

I CREE DELLA BAIA DI JAMES

Entriamo a Chisasibi sotto un nevischio leggero. La strada sterrata corre tra due file di case di legno malandate e finisce su un grande piazzale costellato di buche, che accorpa tutti i servizi di questa cittadina di 4.000 abitanti, capoluogo dei Cree della Baia di James.
la piazza di Chisasibi

5 mag 2019

8 lug 2016

VIAGGIO IN SLOVACCHIA E POLONIA


SLOVACCHIA: cose da vedere

Ecco una mini-guida delle cose che abbiamo visto nel nostro viaggio in Slovacchia

Bratislava
Bratislava è la capitale della Slovacchia. Con una popolazione di circa 490.000 abitanti è anche la sua città più grande.
Il nome attuale risale al 1919, mentre precedentemente veniva chiama Presporok, o Pressburg, in tedesco.

28 nov 2015

26 nov 2015

SAN PIETROBURGO - monumenti agli animali

STORIE, ANEDDOTI, CURIOSITA'

I russi amano arredare le loro città con ogni sorta di monumenti. San Pietroburgo ne è un esempio. Ogni piazza, via o giardino è ornata da statue di vario genere. Quest'anno siamo andati in cerca di monumenti agli animali.

"Il fringuello" (Чижик-Пыжик)
Sul muraglione del Ponte dell’Ingegnere, che attraversa il Canale Fontanka, c'è la piccola statuetta di un fringuello, a ricordo di una popolare filastrocca russa. E’ diventata un simbolo beneaugurante. Dall’alto del ponte si lancia una monetina: se rimane sul piedestallo tutto andrà bene.

25 nov 2015

LOMONOSOV, genio Russo

STORIE, ANEDDOTI, CURIOSITA'
Di fronte all’Università di Arkhangelsk troneggia la statua, in stile classico, di LOMONOSOV.

23 nov 2015

LA PITTURA "MEZENSKAYA"

STORIE, ANEDDOTI, CURIOSITA'


La pittura su legno di Mezen  (Мезенская роспись ) è una delle più antiche arti russe.
Le sue origini risalgono ai primi insediamenti delle tribù slave.

Per gli antichi popoli questa espressione pittorica rappresentava una forma di scrittura.